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Approfondimenti su strumenti, software e tecniche usate nel campo degli arrangiamenti e della produzione musicale.

Come microfonare una batteria – Parte 1 – La cassa

Come microfonare una batteria – Parte 1 – La cassa

di Lorenzo Sebastiani

 

Ciao,

Eccoci di fronte a uno degli strumenti più complessi per quanto riguarda la quantità di microfoni da gestire contemporaneamente.
Una batteria solitamente è composta da diversi elementi, una cassa, un rullante, un charleston, tom e timpani e i vari piatti .
Ogni batterista ha il suo set up, in alcuni casi può essere variabile a seconda delle esigenze di produzione.

come microfonare una batteria - la cassa

Setup microfonico di ripresa di una batteria

 

In ogni caso il concetto è che si tratta di uno strumento composto da una moltitudine di elementi che devono poter essere gestiti in maniera univoca.

Per questo motivo è fondamentale microfonare ogni elemento, ma al tempo stesso è ancora più importante riuscire a dare un suono d’insieme, senza separare gli elementi che la compongono.
Il fatto di avere riprese dirette per ogni singola percussione è fondamentale per una corretta gestione in fase di mixaggio. Qualsiasi elemento può così essere messo in evidenza, “pan pottato”, riverberato o compresso in maniera indipendente.

Infine sottolineo che alcuni elementi, come ad esempio il rullante, necessitano di più microfoni per ottenere una ripresa corretta.

Questo perché il suono è formato dall’insieme delle due superfici, una con la pelle (dove si suona) e l’altra, la “cordiera”, un elemento composto da una serie (generalmente una ventina) di spirali metalliche che entrano in vibrazione ogni qualvolta il rullante viene suonato.
Esistono diverse tecniche per microfonare la batteria, c’è chi preferisce usare molti microfoni per avere un suono ricco di armoniche e prospettive diverse, e chi avere solo le dirette, per avere più fuoco e un suono più grintoso e definito.

Tuttavia, avendo a disposizione una buona sala e un ottimo ambiente è importante sommare il riverbero dell’ambiente con le dirette, per avere più “sustain” e un suono più ricco.

Sarebbe impossibile analizzare ora tutte le tecniche esistenti, come già detto prima. Quello che posso fare è spiegarvi il modo in cui microfono io la batteria. Si tratta di una base di partenza da cui poi mi sposto a seconda delle esigenze che si presentano volta per volta, ma anche del “taglio” di suono che voglio ottenere (a seconda del brano o dell’artista con cui lavoro).

Ci tengo molto a sottolineare il fatto che serve avere una certa elasticità, credo sia alla base del concetto della produzione musicale. Ogni genere, artista, o brano ha una natura differente. Sarebbe quindi impensabile per un produttore avere un solo modo per microfonare una batteria, così anche come per tanti altri aspetti della produzione, come il mixaggio, l’arrangiamento o altro.

Iniziamo ora a microfonare la CASSA.
Per farlo di solito si utilizza un microfono all’interno (in alcuni casi anche due) e uno all’esterno di essa.
Uno molto utilizzato da diversi anni è l’ AKG D-112.
Si tratta di un “dinamico cardioide” che non necessita di alimentazione phantom.
Una volta inserito all’interno della cassa è necessario regolarne la distanza dalla pelle in cui è collegato il pedale battente.
Questa regolazione dipende dal suono che vogliamo ottenere perché più si avvicina ad essa, più il suono risulterà deciso, ma anche aspro e tagliente. Tuttavia più lo si allontana più si otterrà una sonorità profonda, morbida, ma al tempo stesso meno percussiva.
A mio avviso la distanza ottimale dalla pelle è di circa 30 cm, anche per fare in modo di evitare saturazioni alla membrana del microfono.
All’interno della cassa, infatti, la pressione sonora è veramente molto alta. Il D-112 è un microfono con una membrana molto resistente, ed è stato costruito appositamente (come anche altri microfoni) per questo tipo di utilizzo. Anche per questo motivo è molto raro utilizzarlo anche per altri strumenti.

Altri microfoni per microfonare l’interno di una cassa sono lo Shure Beta 52, e l’ Electro-Voice RE20, più costoso degli altri due, ma ottimo anche per registrare altri strumenti come gli amplificatori per chitarre, o fiati con estensioni più gravi (sax baritono, tromboni).
Anche il Beyerdynamic M88TG è ottimo, leggermente più “scuro” degli altri, ma molto particolare e meno “sentito” sicuramente rispetto al D-112 e al Beta 52. Anche questo aspetto infatti non è da sottovalutare, per ottenere sonorità particolari molto spesso è necessario avere alla fonte microfoni meno utilizzati. In ogni caso si tratta in tutti i casi di trasduttori dinamici, con membrane molto resistenti soprattutto alle basse frequenze e alle pressioni sonore elevate.

Per quanto riguarda invece la ripresa dall’esterno della cassa, personalmente utilizzo un microfono a condensatore in grado di catturare non solo la percussività, ma anche il suono in generale di tutta la batteria (ambiente compreso).
Solitamente il posizionamento è di circa 40-50 cm dalla cassa, una posizione in cui i bassi sono sicuramente più morbidi rispetto a quelli presenti all’interno.

Il microfono posizionato dentro, infatti, si utilizza soprattutto per enfatizzare quella che viene chiamata la “punta” del suono, in questo caso si tratta all’incirca dei 5 KHz (dipende poi anche da altri fattori, come il tipo di strumento, il posizionamento e il batterista stesso).

La punta, come suggerisce il termine, è l’insieme delle frequenze che usciranno maggiormente nel mix, anche in presenza di tanti strumenti. Il rischio di enfatizzare troppo questo elemento è quello di ottenere un effetto eccessivamente duro e “acido”.

Il microfono all’esterno serve proprio ad ammorbidire e a legare il suono a tutto il resto della batteria.
Ecco perché solitamente viene utilizzato un microfono a condensatore, proprio perché ha la caratteristica di essere particolarmente morbido.
Un’ottima alternativa all’ EV RE20 è il dinamico SubKick della Yamaha. Eccolo!

come microfonare una batteria la cassa

 

Yamaha SubKick

Questo particolare microfono, dalla forma di rullante altro non è che una versione “industrializzata” di un sistema utilizzato in studio qualche anno fa.
Il trucco consisteva nel recuperare il woofer da un monitor da studio (spesso era quello delle Yamaha NS10M ) e di utilizzarlo come microfono.

Come abbiamo già visto nel capitolo relativo ai trasduttori, un microfono è un altoparlante con funzionamento inverso. La membrana che forma il cono viene utilizzata come membrana per catturare lo spostamento d’aria.

Una superficie particolarmente ampia come questa (anche 50 volte superiore a qualsiasi altra membrana microfonica) è utile per gli spostamenti d’aria provocati da frequenze molto basse. Ecco perché viene chiamato “Subkick”, proprio per evidenziare questa capacità di sostenere e catturare le bassissime frequenze necessarie ad ammorbidire e compensare la durezza del microfono situato all’interno della grancassa.

Sarà quindi la somma tra le due fonti a ottenere il suono ottimale.
È sempre consigliabile, in ogni caso, tenere separate le fonti di ingresso in fase di registrazione, quindi non premiarle, in un unico canale all’interno del registratore, questo ci permetterà di avere una gestione ancora più raffinata in fase di mixaggio.

(continua… leggi la seconda parte di questo articolo nel blog).

 


 

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