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Approfondimenti su strumenti, software e tecniche usate nel campo degli arrangiamenti e della produzione musicale.

Il MIX – Come mixare con gruppi separati

IL MIX
Come ottenere un suono compatto attraverso l’uso del sistema a gruppi.

 

di Lorenzo Sebastiani

 

IL MIX

Ciao,

Un sistema che utilizzo spesso in fase di mix è quello dei gruppi separati di compressione.
Un sistema molto utilizzato da Michael Brauer (Rolling Stones, Coldplay, Paul McCartney..) e che può avere diverse varianti.

In pratica consiste nel creare 4 gruppi in uscita da Pro Tools (o da qualsiasi altro software) e associarli a 3 compressori stereo collegati a loro volta a un sommatore analogico (o a un mixer).
Il quarto gruppo verrà collegato direttamente al sommatore senza essere compresso.

In questo modo avremo la possibilità di dare ad ogni gruppo (uno o più strumenti) almeno 7 suoni differenti: i tre compressi direttamente più i tre compressi in maniera parallela (linea più un compressore a scelta) e infine il suono “dry”, non compresso.

Oltre al fatto di avere una scelta timbrica molto più interessante, questo sistema è utile perchè compatta maggiormente il suono del mix.

Potremmo quindi scegliere di comprimere tutta la ritmica e il basso in un gruppo, le chitarre in un altro, e le voci in un altro ancora, e perchè no.. aggiungere un pizzico di linea ad esse, per dare quella leggibilità necessaria.

La ritmica avrà un controllo separato finale (oltre ovviamente a quello in fase di mix all’interno del programma), le voci, le chitarre, saranno gestite in maniera autonoma, una compressione ulteriore che darà maggior “colore” e stabilirà al brano che stiamo mixando.

Anche il sommatore darà il suo contributo in termini di suono.

Un trucchetto che si usa quando si “passa” il brano (ovvero quando lo si ri-registra su Pro Tools per avere il file definitivo da masterizzare) è quello di registrarlo leggermente distorto.
Una regola di base della registrazione digitale è quella di non arrivare mai al “clip”, al limite massimo del convertitore. Questo perchè la registrazione digitale, al contrario di quella analogica distorce il suono da subito.

A volte però è più interessante andare oltre a queste regole, utili per capire il concetto, ma non sufficienti per ottenere dei suoni particolari.
La distorsione digitale crea un’onda quadra la quale a sua volta crea delle armoniche che possono aiutare a dar carattere al suono e a sommare una sorta di “aurea sonora” attorno ad esso in certe frequenze.
Tutto questo però deve avere due condizioni fondamentali. La prima è che è importante non abusarne, bisogna fermarsi a un livello accettabile di clipping, e questo solo il nostro orecchio lo può stabilire.

La seconda condizione è che il convertitore sia di buona qualità. Non tutti gli A/D infatti “clippano” allo stesso modo.

Il celebre Apogee AD-8000 (un convertitore molto utilizzato dalla fine degli anni 90) consentiva di “clippare dolcemente” attraverso la specifica funzione “soft clip”, poi introdotta in molti altri convertitori non solo Apogee.
Questa funzione permetteva di aggiungere armoniche ancor prima di saturare, rendendo il suono più corposo.

C’è da dire che registrando a un livello di ingresso piuttosto alto è importante avere un mix il più omogeneo possibile, riducendo al minimo i picchi di segnale.
Ecco perchè i due sistemi (quello dei “gruppi separati” e quello del “master clipping”) vengono spesso utilizzati contemporaneamente.

Una combinazione in grado di dare un suono più compatto e “colorato”.

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